Tuesday, March 20, 2007

Considerazioni su maneggi e istruttori

Il mondo dell'equitazione negli ultimi anni è profondamente cambiato. Decine di maneggi si sono affiancati a quelli già esistenti. Grazie all'opera della Fise è cresciuto anche il numero dei praticanti, in particolar modo dei più giovani avviati all'equitazione attraverso i pony club e da genitori lungimiranti che hanno scoperto questo sport come metodo per dare una disciplina ai propri figli. Un mondo che ha dunque bisogno di nuove regole. In primo luogo quelle che attengono allo status dei maneggi. E successivamente a quello degli istruttori di equitazione. Rispetto ai primi, è opportuno che sia definito lo status giuridico: di cosa difatti stiamo parlando? Di aziende agricole quando vi viene praticato uno sport e dove in alcuni casi gli iscritti alla scuola di equitazione superano le cento unità? In molti maneggi mancano i bagni e le strutture per i disabili; oppure gli spogliatoi. Senza parlare dei ricoveri per i cavalli che non si capisce bene di che metratura corretta devono essere e che garanzie debbano fornire i maneggi per la loro sanità. La Asl dov'è?. Sul fronte istruttori invece sarebbe opportuna una loro iscrizione alla camera di commercio per regolarizzare situazioni particolari che si sono venute a creare e che devono rispondere a una domanda: l'istruttore può essere intermediario nell'acquisto dei cavalli da parte di suoi proprietari?

Dietro le sbarre

In un tempo neppure tanto lontano, l’equitazione era chiamata lo “sport dei re e il re degli sport”. Ora, la fama di sport reale non è certo venuta meno, ma viene praticata da milioni di persone e ha assunto valenze sociali importanti. Basti pensare ai benefici prodotti dall’ippoterapia e a quelli che si appresta produrre quando avranno inizio i corsi di formazione per operatori equestri che verranno formati all’interno delle carceri italiane. Un progetto che verrà presentato e prenderà il via il prossimo martedì alle ore 11 nel carcere modello di Bollate. Voluto dal presidente della Federazione italiana sport equestri, Cesare Croce, e dal direttore della Casa circondariale di Bollate di cui è direttore la dottoressa Lucia Castellano, è stato coordinato da Rita Leo responsabile per la Fise del settore comunicazione, prevede la formazione di due figure professionali tipiche del settore: quella di artiere equestre e quella di tecnico di riabilitazione equestre. Nel primo caso si tratta di un operatore che ha cognizioni specifiche sul mondo del cavallo e si occupa della sua cura: dall’alimantazione alla pulizia, all’allenamento, disponendo anche nozioni di natura veterinaria. Può essere impiegato e trovare pertanto lavoro in maneggi, agriturismi con cavalli, ma anche allevamenti e naturalmente in scuderie. La seconda figura invece opererà nel campo della riabilitazione equestre coadiuvando i tecnici di riabilitazione e che trova impiego nei numerosissimi maneggi che lavorano in accordo con la Asl. Grazie alla Fise, sono stati attrezzati gli spazi necessari per svolge i corsi che hanno la durata di sei mesi. All’interno del carcere l’area individuata può fin da ora disporre di un campo in erba, un rettangolo in sabbia, di una selleria e di due locali per il ricovero delle attrezzature, strutture in legno realizzate in questi mesi dagli stessi detenuti. I cavalli sono stati messi a disposizione da privati e dalla Fise, e sono cinque tra cui due pony e che verranno ricoverati in altrettanti box. Gli stage sono tenuti da personale specializzato e sono rivolti a detenuti selezionati dalla direzione del carcere.

De Montel: chi era costui?

Le vecchie scuderie De Montel, quel complesso di edifici fatiscenti che stanno proprio di fronte allo stadio Meazza e che una volta erano la sontuosa dimora di cavalli purosangue, ospiteranno dunque bagni turchi e massaggi. Il consorzio di imprese che si è aggiudicato la gara di appalto comunale ha da poco dato il via ai lavori di ristrutturazione e trasformazione delle scuderie nate per volere del nobile Giuseppe De Montel all’inizio del ‘900. Viene così cancellato un altro pezzo del patrimonio ippico del Paese. Di cui Milano ha perso la memoria se si è pensato di destinare questa struttura fatiscente, ma ancora intatta nella geometria originaria, a terme. Tutta la zona di San Siro prima della Seconda guerra mondiale era un’immensa distesa verde dove venivano allenati e allevati cavalli da corsa e concepita sul modello di quelle di Chantilly (Francia) e Newmarket (Inghilterra). Lungo il perimetro dell’ippodromo venivano a fare esercitazioni i cavalieri del Savoia cavalleria che da via Vincenzo Monti dove stava la caserma, giungevano a cavallo fino a piazzale Lotto. Era il tempo in cui la grande borghesia milanese “faceva correre”, come usava dire di chi teneva scuderia di cavalli da corsa. Oggi i Moratti, i Provera e i Berlusconi i loro miliardi li spendono per un giocatore, ieri per un purosangue che acquistavano in Inghilterra. Era li, su quei prati, su quelle piste che Federico Tesio, il creatore di Ribot e Neraco allenava i suoi cavalli, quelli della Dormello Oliata che a suo tempo non si fece scrupolo di cedere quei terreni e quelle scuderie in cui erano cresciuti Nearco e Ribot a imprese che ne fecero residence e palazzoni. Ma Tesio non era il solo grande ippico di quegli anni trenta, magici per le corse dei cavalli. Aveva un grande rivale: un banchiere ebreo, il nobile Giuseppe De Montel (giubba da corsa nera con cuciture bianche), che come i Rthschild, ebrei e banchieri anch’essi, aveva passione per i cavalli purosangue. A lui si deve il complesso architettonico tra i più belli del liberty milanese che ora si vorrebbe trasformare, snaturandolo, nelle cosiddette terme di Milano. I cavalli del nobile si chiamavano Havresac II, Ortello, Orsenigo, campioni eccezionali che gareggiavano con successo contro quelli di Tesio e della Dormello Olgiata. Ma mentre Federico Tesio venne fatto senatore dal Fascismo, De Montel in quanto ebreo, fu costretto a vendere tutti i cavalli e a dismettere la scuderia. Il complesso fini successivamente alle Pie Opere Missionarie che lo affittarono a varie scuderie e allenatori. Una scarsa manutenzione ne compromise negli anni gli edifici, via via sempre più fatiscenti. Poi l’oblio totale. Anni e anni di abbandono con tossici che avevano eletto a residenza i box per i cavalli. Sempre più in basso. Senza che un ente come l’Unire, Unione nazionale incremento razze equine, sentisse il bisogno di intervenire, preferendo insediare il centro aste purosangue a Settimo Milanese, in una struttura prefabbricata, piuttosto che spendere qualche miliardo per far tornare agli antichi fasti questa struttura come del resto non è intervenuto l’assessorato alla Cultura del Comune di Milano o la sopraintendenza alle belle arti milanese. Poi dal ’96 ecco che la proprietà del complesso passa al Comune di Milano. Ci sono voluti quasi dieci anni prima che il leghista Giancarlo Paglierini, assessore al Demanio, si accorgesse dell’esistenza delle scuderie De Montel. Ma il risultato non è stato quello sperato dal WWF ad esempio che proponeva una riconversione a favore dell’ippoterapia e dell’ippica. Con un bando di gara ci faranno un bagno turco.

La Scuola di mascalcia di Milano

Not foot, not horse: niente piede, niente cavallo. Il detto inglese ben si adatta a un mestiere particolare, e molto antico come quello del maniscalco. Una professione da sempre considerata “maschile” ma che di recente è entrata a far parte anche dell’universo femminile. Alessia Gianvecchio, 29 anni, milanese e coordinatrice della scuola di mascalcia di Milano a San Siro, è una delle donne che per prime, e non da molto, si cimentano tra incudini, ferri, martelli e, naturalmente, cavalli di ogni razza e dimensione. <>. Mestiere maschile, dunque, ma anche ambiente maschile: come vi lavora una donna ? . Per Alessia fare il maniscalco è una professione che deriva dall’amore per il cavallo: . Quali sono le qualità e le capacità richieste per fare questo mestiere? . Alessia ha iniziato ad occuparsi di mascalcia circa sei anni fa. Oggi fa parte con Piermario Giongo, veterinario e Vasco Cattafesca, maniscalco della scuola di mascalcia di Milano, di cui cura l’organizzazione dei corsi e insegna teoria e pratica della mascalcia.

SCHEDA
La Scuola di mascalcia di Milano è una associazione nata cinque anni fa. Ha sede a Milano e ne è presidente Piermario Giongo. Ha operato per la Regione Sarda per la Lombardia, e collaborato con la Comunità economica europea. Rilascia un attestato di partecipazione. Dalla fondazione a oggi ha formato circa 150 allievi di cui il 15 per cento formato da donne e il venti ha intrapreso la professione. Organizza stage composti da cinque moduli full time di due giorni ed è possibile la partecipazione a un singolo incontro. Le lezioni sono composte una parte teorica e una pratica e sono tenute da veterinari e maniscalchi in attività. Per informazioni e iscrizioni: Scuola di mascalcia di Milano, via Lampugnao, 99 - telefono 349.652.15.30 – www.scuolamascalcia.it